Dalla medicina ippocratica fino alla fine del 20° secolo, il rapporto tra medico e paziente è rimasto costante nelle civiltà occidentali.Nel 1976 nasce, in continuità con le lotte studentesche e operaie del 68, il movimento di medicina democratica (Giulio Maccacaro, 1924/1977) che privilegiava la dimensione collettiva a quella individuale. È l’inizio della fine del “paternalismo medico” e della crisi del rapporto medico-paziente che era stato ereditato dal passato. Negli ultimi decenni sono state create infinite specialità che hanno indotto due realtà: il medico ha perso sia il suo rapporto bilaterale con il paziente sia la sua valutazione olistica.Nel mondo “fluido” degli ultimi decenni la pratica medica è passata dal rapporto privato/individuale a quello di gruppo (servizio sanitario nazionale, 23/12/1978) e successivamente a quello di comunità imposta con l’attuale pandemia. Stiamo vivendo la nascita di un mondo nuovo così ben ipotizzato nel suo libro da Aldous Leonard Huxley (1894 – 1963). Con la pandemia da SARS-Cov-2 inizia il declino della medicina individuale e del suo rapporto basato sulla fiducia e sulla discrezione, infatti:
- La diagnosi clinica di malattia è sostituita dal tampone (diagnosi di comunità), che ovviamente se positivo non significa malattia, ma semplicemente la presenza nel filtro nasale di un innocuo pezzettino di virus spesso inattivo. Questo errore di partenza invalida le valutazioni successive.
- Il cittadino portatore della presunta malattia è denunciato nominalmente da un laboratorio/farmacia e non più dal medico sulla sua diagnosi clinica.
- Il medico che ha curato il suo paziente non può certificarne la guarigione e quindi il suo stato d’immunità, in alternativa si accetta un tampone positivo poi divenuto negativo che ovviamente spesso non ha nessuna valenza clinica.
- Si è banalizzata l’informazione sull’infezione virale come se fosse indotta da un solo virus e non come avviene da una popolazione di virus instabili simili, ma non identici (abbiamo una sequenza master che rappresenta circa il 75% più le sequenze minoritarie). Questa realtà chiamata “Quasispecie” rappresenta una popolazione virale in continuo adattamento replicativo (fitness); nel corso dell’infezione si realizzano incrementi e decrementi di fitness legati all’ambiente e all’ospite.L’organizzazione della quasispecie che caratterizza l’infezione da parte di molti virus a RNA rende ragione del frequente fallimento delle misure per contrastare l’infezione, sia che si tratti di farmaci sia di vaccini. Questi virus traggono proprio da questa instabilità genetica il vantaggio di diventare imprendibili, di sfuggire sempre alle difese immunitarie.
- Gli ospedali specializzati per la gestione delle malattie infettive (es. Dergano a Milano) sono stati chiusi e non ricostruiti, in compenso sono state aperte le rianimazioni dal volto disumano: senza distanziamento sociale e senza la possibilità per i parenti di poter presenziare.
- Vaccinazione? Certamente si, ma ricordando che il Vaiolo ha ucciso 300.000.000 persone nel xx secolo ed è stato eradicato non con una vaccinazione di massa ma con un programma mirato terminato nel 1977. In precedenza, la vaccinazione di massa aveva accentuato la pressione selettiva che divise il ceppo in due: variola major (con letalità del 40%) e minor (alastrim).
Che cosa è auspicabile? Che si possa costruire una medicina dal volto umano dove:
- Ogni medico possa tornare al più presto ad esercitare la propria professione senza se e senza ma.
- La diagnosi di malattia, essendo una diagnosi clinica, deve essere formulata solo e sempre da un medico.
- Il cittadino possa scegliere il suo medico curante, che non deve sempre essere identificato con il medico di base.
- Medico e paziente possono decidere senza altre interferenze come agire in caso di malattia, rispettando gli interessi sociali.
- Come è sempre stato per tutte le malattie infettive è il medico che formula la diagnosi ad effettuare la denuncia ed in caso di vaccinazione il paziente può comprare o ritirare il vaccino ed è sempre il suo medico che lo può eseguire e provvedere alla sua registrazione.
- In caso di ospedalizzazione il medico curante, quello di fiducia scelto dal paziente e non sempre quello strutturato, può collaborare con i colleghi alla sua gestione sanitaria.